Alle prese coi bianchetti insieme a Padre Gaspare Dellepiane
Comunque la si pensi circa l’opportunità o meno di prelevare questi piccoli pesci dal mare, rimane il fatto che si tratta di vere e proprie specialità gastronomiche, gradite ai liguri – e non solo – da almeno due secoli.
Solitamente i bianchetti sono associati ad alcune classiche preparazioni tradizionali ma, per la loro straordinaria versatilità e per il sapore delicato, si prestano bene anche come ingredienti per raffinate specialità scaturite dalla fantasia dei cuochi più estrosi.
Tornando alla consuetudine quotidiana, il metodo di cottura più comune è senza dubbio la bollitura, seguita dal più semplice condimento: olio extravergine d’oliva e qualche goccia di limone. Ma si sa, i genovesi, pur nella loro sobrietà, non si accontentano solo di prelibatezze così delicate e prediligono anche la frittura, inserendo i bianchetti nelle frittelle, i frisceu o friscœ de gianchetti, irresistibili golosità da mangiare bollenti.
Seguendo il filone della cucina di strada, quella veloce, nata per soddisfare l’appetito dei tanti lavoratori che in passato affollavano il porto e i caruggi del centro storico genovese, si passa alla classica farinata di ceci che, nel periodo di pesca, è impreziosita dall’apporto dei bianchetti. Per i pochi che non la conoscessero, si tratta di una spianata cotta in forno e formata da acqua, farina di ceci, olio e sale. Deve essere calda, sottile, dorata e croccante. La farinata è un prodotto storico che proviene da un passato remoto nel quale i forni erano alimentati solo con la legna. Oggi anche con l’elettricità e il gas si ottengono ottimi risultati.
Volendo proporre una ricetta un po’ differente rispetto a quelle più classiche, mi sono fatto consigliare da Padre Gaspare Dellepiane, un frate vissuto nell’ottocento che ha compilato uno dei più interessanti trattati di cucina Genovese: La cucina di strettissimo magro. Leggendo e rileggendo le sue ricette, che escludono l’impiego di carni, latticini e uova, nel rispetto delle più rigide prescrizioni religiose, ho trovato quella dei bianchetti arrosto. Sulle prime sembrava quasi una presa in giro: immaginavo il frate con una schiera di bianchetti, ordinatamente allineati sulla piastra, da girare uno per uno per non farli bruciare! Ovviamente era solo una mia distorsione mentale.
La ricetta, invece, è molto interessante e per questo la riporto nella versione originale per poi proporre alcuni ritocchi personali:
Senza stravolgere la ricetta di padre Gaspare, proporrei alcune integrazioni che trovo adeguate e che ognuno potrà valutare in proprio.
Dellepiane era un vero esperto di cucina, lo dichiara sinceramente nella sua prefazione: ognuno può esser certo, che quanto vien prescritto in essi [nei piatti ndr], non è già il parto di capricciosa fantasia, ma di una lunga esperienza dovuta all’esercizio dell’arte. Quindi l’ideale sarebbe provare la ricetta così com’è e, solo dopo, sperimentare anche le mie modifiche.
Se si preferisce qualcosa di più saporito è meglio seguire alla lettera i consigli del frate; se invece si desidera una preparazione più delicata, allora si possono adottare le varianti di seguito. Noi abbiamo fatto una prova in parallelo, ovvero preparando le due versioni, cuocendole assieme e assaggiandole l’una dopo l’altra per fare un confronto. Il risultato finale è stato eccellente in entrambi i casi. Se proprio dovessi esprimere un’opinione, opterei per la versione di padre Gaspare che mi ha davvero sorpreso per il suo straordinario sapore.
Ecco la seconda ipotesi.
Note tecniche:
Le dosi proposte da Dellepiane sono perfette; il tempo di cottura è stato di 25 minuti a 180 gradi.
Nella versione modificata, fatta per 4 persone, abbiamo aggiunto un uovo, un pugno di mollica di pane imbevuta di latte, due cucchiai di parmigiano grattugiato, un po’ d’olio extravergine d’oliva. In questo caso abbiamo cotto al forno il preparato per circa 30 minuti a 180 gradi.
Il libro a cui mi riferisco è:
La cucina di strettissimo magro
Padre Gaspare Dellepiane
Genova 1880
Gaspare Dellepiane era un frate dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Nacque a Genova nel 1828 e morì nel 1908.
“…quando pubblicò il libro, era Superiore dell’Abbazia di San Nicolò di Capodimonte, sul versante occidentale del Monte di Portofino, tra San Fruttuoso e Camogli. Padre Dellepiane, nato a Genova nel 1828, era un sacerdote colto, studioso di filosofia e medicina: scrisse perfino un libro sul colera asiatico. Concluse la sua vita a Roma, dove fu richiamato dai superiori a ricoprire incarichi di rilievo. Fu nominato prima procuratore, poi vicario generale, fino ad essere eletto, nel 1896, Generale dell’Ordine dei Minimi.”
Queste notizie biografiche di Dellepiane, sono riportate da Maria Carla Beretta nel suo libro Le dita di Nettuno – edizioni Tigullio 2004. L’autrice è nipote del medico Giorgio Beretta, al quale, intorno al 1920, i Certosini dell’abbazia della Cervara regalarono una copia del ricettario di Dellepiane.
Da quel vecchio libro donato al nonno, Maria Carla Beretta ha preso spunto per riproporre molte ricette e un po’ di storia.
Sergio Rossi, 26 febbraio 2009